Come interpretare le reazioni “emotive” dei clienti nelle loro scelte di consumo? Oggi, grazie alle neuroscienze e al neuromarketing, sappiamo di più sul percorso decisionale del cliente: si andranno a studiare modelli decisionali razionali e scelte emotive. Quali sono le strategie di comunicazione più efficaci?
Neuromarketing e neuroscienze: alcune definizioni e concetti essenziali.
“Il neuromarketing è un insieme di metodologie e tecnologie di ricerca, che collega le neuroscienze cognitive al marketing, dai prodotti alla comunicazione, dai servizi alla pubblicità. Consente di analizzare il comportamento del consumatore quando si trova nel pieno della decisione…; fornisce alla imprese informazioni utili a migliorare continuamente i prodotti e i servizi offerti”
“Le neuroscienze affermano che le decisioni sono prese solo in minima parte dalla componente razionale del cervello” (Francesco Gallucci *)
Nell’ambito del recente Milano Marketing Festival si è tenuto un workshop sul Neuromarketing con la partecipazione di:
Vincenzo Russo, Direttore del Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior and Brain Lab”, Università IULM.
Nadia Olivero, Honorary Senior Research Fellow at University College London, Docente di Psicologia dei Consumi, Universita’ degli Studi di Milano Bicocca e Daniele Tirelli, Presidente, Retail Institute of Italy.
Daniele Tirelli, Presidente, Retail Institute of Italy.
Fatte le introduzioni, vediamo di seguito una breve storia degli studi illustrata da Vincenzo Russo e di seguito alcuni concetti “chiave” dell’intervento di Nadia Olivero.
Già negli anni ’70, Herbert Simon – informatico, psicologo ed economista americano – dimostrò che gli esseri umani non sono razionali e affermò che la variabile emozionale incide sulla decisioni in quanto hanno una conoscenza incompleta delle alternative di azione e possiedono una panoramica frammentaria delle conseguenze delle proprie strategie di azione. Tali studi hanno permesso di aprire un profondo dibattito su razionalità, decisione e azione.
“Marketing actions can modulate neural representations of experienced pleasantness”
Per esempio, alcuni studi condotti sul marketing del vino dicono che:
“Our results show that increasing the price of a wine increases subjective reports of flavor pleasantness as well as blood-oxygen-level-dependent activity in medial orbitofrontal cortex, an area that is widely thought to encode for experienced pleasantness during experiential tasks”
Vincenzo Russo prosegue mostrando alcuni esempi di come “quanto scritto” sul packaging possa influenzare la decisione:
- “Clinicamente testato” o “sottoposti a test di laboratorio”
- “L’acqua che facilita la diuresi”
Alcuni dei casi pratici mostrati dimostrano che nella progettazione di un packaging le componenti del testo, grafica e immagini possono fare la differenza nell’attirare il cliente.
Aggiungo, citando Francesco Gallucci, che:
“Occorre parlare ai consumatori in modo diverso abbinando contenuti razionali ad altri emozionali, decantando i pregi di un prodotto, ma anche raccontando storie che richiamino i vissuti profondi”
Un grande contributo di studio lo ha fornito il neuro-scienziato LeDoux, il quale individuò, nei suoi studi sulla mente, un’area del cervello che ricopre un ruolo centrale per quanto riguarda l’elaborazione delle emozioni (della paura in modo particolare) che è l’amigdala: una struttura centrale per le emozioni.
“Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”
con questa frase Antonio Damasio – neurologo, neuroscienziato e psicologo – fa una sintesi davvero efficace del comportamento umano.
Dagli anni Settanta in poi gli studi offerti dall’economia comportamentale e dalle neuroscienze hanno dimostrato che gli esseri umani, lungi dall’essere esclusivamente razionali, nel momento della decisione si lasciano guidare molto dalle dinamiche affettive, razionalizzando e giustificando con la ragione, ciò che è stato in realtà scelto e preferito con l’emozione.
David Ogilvy scrisse che uno dei più grossi problemi nel campo delle ricerche di mercato è che:
“le persone non pensano ciò che sentono, non dicono ciò che pensano e soprattutto non fanno ciò che dicono”
Una frase che solleva una duplice questione, da una parte l’incapacità delle persone di essere pienamente “consapevoli” delle proprie reazioni di fronte alle stimolazioni ambientali e di consumo, e dall’altra, la difficoltà delle ricerche di mercato di potere individuare le motivazioni più profonde in grado di spiegare i comportamenti di consumo o addirittura di predirne la loro “direzione”.
Oggi abbiamo a nostra disposizione sofisticate metodologie ed attrezzature per misurare l’impatto psico-fisiologico ed affettivo delle stimolazioni provenienti dal mondo del consumo:
- le immagini di uno spot
- i colori della confezione di un prodotto alimentare
- il design di un sito
- il modo con cui viene percepito un ambiente o una persona
Rimando a questo post le tecniche neurofisiologiche illustrate da Russo.
Nella seconda parte del workshop, Nadia Olivero ha esplorato, in un intervento molto interessante, il concetto di Esperienza.
Il consumatore non sempre sceglie secondo un modello di convenienza che prevede razionalità, non sempre quindi la scelta è razionale.
Contano le emozioni, come l’affettività, conta l’aspirazione, contano a volte più che l’utilità: vivendo, consuma esperienza, con una componente razionale ed una componente guidata dalle emozioni, ovvero quella parte dove la mente non cerca neanche il consumo razionale.
L’esperienza è soggettiva, sono le nostre sensazioni, gli stimoli fisici, le motivazioni che sono differenti da individuo ad individuo, di conseguenza ci emozionano diversamente.
Introducing Amazon Go and the world’s most advanced shopping technology
Nel caso del video di Amazon, l’innovazione introdotta ha la sua componente tecnologica, percepita anch’essa dall’utente nella sua esperienza complessiva.
Nadia Olivero ha raccontato lo studio effettuato per due anni sui supermercati Sainsbury’s in UK sul servizio di “self check out”, una variabile che è stata introdotta nel percorso di acquisto in store e pertanto con un’influenza nello spazio fisico, sulle emozioni e percepito del consumatore all’interno del supermercato.
I dati evidenziarono diverse reazioni: gli anziani risultarono più facilmente coinvolti, insegnando loro un percorso razionale di fruizione. I giovani invece dimostrarono un percorso più emozionale nell’utilizzo, l’emozione stimolata era “energia” nell’adozione di questa novità.
“Younger shoppers show a stronger emotional involvement with self-checkout technology than older consumers and it boosts satisfaction for them as a result…
While younger shoppers bond with technology, such as self-checkout and, as a result, enjoy a better shopping trip; older consumers show less of an emotional attachment
The project, led by Dr Nadia Olivero from the Centre for Advanced Spatial Analysis, UCL, was designed to show the emotional impact of in-store technologies and their effect on consumer experience.
Fonte: qui
Nadia Olivero ha raccontato inoltre che due anni di ricerche hanno portato al lancuio di un’App che induce e stimola un percorso all’interno dello store e in tale contesto il Proximity Marketing consente anche di evocare emozioni e coinvolgimento del cliente.
( qui un interessante studio condotto dalla University of London su “Pioneering London’s Retail Ecosystem” )
Conclusioni:
Questo sovraccarico cognitivo porta ad una crescente “attenzione sfuggente”. La pervasività delle informazioni e la globalizzazione hanno portato al cambiamento della relazione tra luogo fisico e le informazioni che abbiamo a disposizione. Olivero chiude affermando che le emozioni e l’esperienza diretta possono aumentare il coinvolgimento del consumatore.
L’attenzione sale quando c’è coinvolgimento emotivo, il marketing oggi deve concentrarsi sulle emozioni.
Spazio ai vostri commenti qui, sono preziosi su un tema ancora così aperto e oggetto di studi e workshop.
(*) Francesco Gallucci: Marketing emozionale e neuroscienze e Neuromarketing.