Oggi negli studi e ricerche si stanno diffondendo nuove tecniche che vanno ad indagare la componente non conscia del processo di acquisto.
Sono attivi da anni in questi studi il Centro di Ricerche Behavior & Brain Lab del Professore Vincenzo Russo, il laboratorio GT Technology del Professore Francesco Gallucci, società quali Emotional Marketing e il Politecnico di Milano con PHEEL, laboratorio di biomarketing, per l’applicazione delle bioscienze e delle neuroscienze allo studio del comportamento dell’individuo.
Alcune agenzie di comunicazione già lavorano sia sull’esperienza che sui customer data, approfondendo, tramite team di specialisti, “la complessità delle dinamiche psicologiche e motivazionali che caratterizzano le scelte economiche e di consumo della persona”.
Quindi il tema è molto attuale e in evoluzione: a novembre dell’anno scorso, a Milano, si è tenuto il workshop “Human Marketing e Neuroscienze”, al quale ho partecipato, all’interno del Festival della Crescita, progetto curato e realizzato da Future Concept Lab del sociologo Francesco Morace, quattro giorni di conferenze, convivi, workshop.
Emozioni, subconscio, processi mentali, stimoli-risposte, tutti temi oggetto di studio delle nuove tecniche: qui potete leggere alcune sintetiche considerazioni dal convegno e alcuni (miei) approfondimenti sui testi di Francesco Gallucci: ne ho estratto alcuni passaggi importanti, come “primissimo” approccio, consigliandovi la lettura dei suoi testi per chi fosse interessato ad approfondire (in calce libri e fonti).
- LE RICERCHE
- PROCESSI CONSCI ED INCONSCI
- LE EMOZIONI E IL PROCESSO DI MEMORIZZAZIONE
- TRIGGER E STIMOLI
1. LE RICERCHE
Partendo da alcuni dati presentati sulle ricerche di mercato e dal dibattito dei partecipanti, è emersa la difficoltà a rilevare le vere intenzioni dei consumatori nell’esprimere indicazioni e come pochissimi prodotti poi riescano a consolidarsi sul mercato.
Come già diceva David Ogilvy
people don’t think how they feel, they don’t say what they think and they don’t do what they say
Pertanto lo scopo di questi nuovi metodi di studio è di completarsi con i metodi tradizionali che possono esser soggetti ad errori insiti nella formulazione dei questionari e nell’interpretazione spesso soggettiva dei risultati.
Le analisi di neuromarketing permettono di capire l’effetto e la memorabilità delle esperienze nel tempo, studiando le reazioni del soggetto quando torna ad imbattersi in contenuti, tematiche e personaggi
Le neuroscienze hanno confermato che i processi emotivi e cognitivi non consci sono attivi quando codifichiamo la comunicazione, valutiamo la nostra adesione alla brand identity ed elaboriamo le nostre decisioni di acquisto: questo impatta in modo rilevante sul dialogo tra marca e consumatore e sull’approccio strategico della comunicazione (cit. Emotional Marketing)
Le neuroscienze rimettono al centro l’uomo e l’eterna relazione tra conscio ed inconscio, riscoprire la verità della comunicazione significa entrare in contatto con le persone-consumatori ad un livello più profondo (cit. Luca Florentino di Ottosunove)
Il neuro marketing è un insieme di metodologie e tecnologie di ricerca che collega le neuroscienze cognitive al marketing dai prodotti alla comunicazione, dai servizi alla pubblicità.
Come afferma Gallucci ci sono alcuni motivi che vedono l’evoluzione e l’adozione di queste metodologie:
- i progressi nelle neuroscienze delle tecnologie di misurazione e dei modelli di analisi,
- il crescente interesse del marketing per l’inconscio dei consumatori e per la misurazione delle risposte e delle reazioni emozionali alla pubblicità,
- il neuromarketing attinge a piene mani al mondo delle neuroscienze ma non ha l’ambizione di sostituirsi ad esse perché la sua finalità è quella di consentire alle aziende di conoscere più a fondo il cervello dei consumatori e i loro processi decisionali e comprendere in tal modo che cosa colpisce di più in una pubblicità o qual è il prezzo emotivamente più accettabile che si è disposti a pagare per acquistare una buona bottiglia di vino
Nello sviluppo di un prodotto per esempio, tali analisi consentono di riscontrare il giudizio del prodotto dopo averlo usato, e poter così introdurre cambiamenti e miglioramenti per adeguare il prodotto alla domande inconsce del cliente.
2. PROCESSI CONSCI ED INCONSCI
Come afferma Zaltman – illustre studioso che per primo contribuì allo studio della dimensione inconsapevole dei nostri comportamenti d’acquisto – la parte inconscia rappresenta il 95% delle decisioni.
Le nostre decisioni di acquisto sono il risultato di una serie di spinte emozionali profonde e primitive che ci inducano a comprare (o non comprare); le giustificazioni, le razionalizzazioni, i compromessi che elabora il nostro cervello, secondo variabili di cui siamo coscienti, derivano da meccanismi profondi che operano a livello inconscio. Il nostro inconscio ordina a volte sulla spinta delle emozioni, mentre la mente conscia esegue e razionalizza, spiegandosi le azioni che derivano da processi decisionali inconsci (Gallucci).
La mente elabora processi consci e inconsci: inconsapevoli, per esempio, sono il valore attribuito alla marca o la grande fiducia in un prodotto perchè nel processo decisionale contano sia l’insieme dei valori sia delle esperienze che entrano in gioco.
3. LE EMOZIONI E IL PROCESSO DI MEMORIZZAZIONE
In tale contesto le analisi di neuromarketing offrono nuove opportunità per comprendere come pensa il consumatore e quali sono le emozioni.
Le emozioni possono essere suddivise in fondamentali: rabbia, tristezza, paura, gioia, sorpresa, disgusto e accettazione e le complesse che sono il frutto dell’interazioni tra gli individui ovvero allegria, ansia, invidia, gelosia, vergogna e delusione.
Gli studi più recenti sul cervello dimostrano che la corteccia prefrontale sinistra è più attiva sulla gioia, la corteccia pre-frontale destra è il centro della tristezza e paura.
Il neuromarketing può dunque fare leva sulla corteccia prefrontale sinistra e inibire l’amigdala che potrebbe influire sulla decisione di acquisto: tra le aree del cervello la prima ad essere interessata da un trigger – uno stimolo – emozionale esterno è l’amigdala che funziona come una sorta di centralina che accoglie l’emozione e la elabora. L’amigdala, insieme ad una parte del nucleus accumbens (…) funziona come archivio della memoria emozionale che attribuisce significato agli eventi vissuti.
Altra parte coinvolta è la corteccia prefrontale regolatrice dell’attenzione, della memoria di lavoro e delle decisioni razionali, insieme a l’ippocampo che connette memoria di breve con quella di lungo termine.
Nei processi di memorizzazione, per esempio, la componente emozionale di una pubblicità sembra essere più importante di quella razionale.
Le emozioni arrivano prima di ogni altro trigger esterno al cervello e, se sono congrue con il messaggio, riescono a stimolare più facilmente il ricordo
4. TRIGGER E STIMOLI
Gli stimoli sono una parte fondamentale perché possono diventare fattori di innesco di vari meccanismi cerebrali. Tutto si basa su stimolo e risposta.

La chiave è quindi cercare un punto di innesco tra stimolo esterni e una reazione trigger interna. Nella comunicazione pensiamo di trasmettere messaggi pertinenti che soddisfino le esigenze, ma quali sono i trigger di base per attirare l’attenzione?
- Visibilità: contenuti efficaci e capaci di guidare lo sguardo sui punti caldi delle comunicazione.
- Automaticità: stimoli sensoriali, colori, simboli e suoni che catturino l’attenzione,
- Il contrasto: se il trigger si differenzia e l’associazione, ovvero quando un trigger si manifesta grazie ad un’associazione mentale già presente nella nostra mente.
- Cornice: per esempio creando l’effetto scarsità, più è scarso, più acquista valore. E’ uno stimolo di intensità rilevante, uno stato di eccitazione prodotto da contenuti con effetti emozionali.
- Coloritura del prezzo: tipicamente il cervello può essere influenzato se la percezione del pezzo è associata a concetti come prezzo “minimo”, prezzo “sensazionale” etc..
- Caos: stravolgere le aspettative dei clienti per guidare l’attenzione (celebre il caso Patagonia )
- Ricompensa: sfruttare il desiderio del consumatore di ottenere ricompense intrinseche ed estrinseche attivando i circuiti del piacere.
- Reputazione: utilizzare la reputazione degli esperti per trasmettere fiducia e sedurre il pubblico.
- Mistero: creare ed alimentare il mistero l’incertezza e la suspense per mantenere vivo l’interesse fino in fondo.
- Riscontro: favorire un legame più profondo, perché tendiamo a prestare attenzione a chi ci dà conferme e ci dimostra comprensione.
Possiamo definire le abitudini come comportamenti compiuti in totale ( o quasi) assenza di pensiero razionale, in modo inconsapevole.
Quindi se da un lato le aziende che formano abitudini consolidate hanno un un vantaggio competitivo, in che modo il marketing può influenzare i consumatori con un nuovo prodotto affinchè agiscano?
- il consumatore deve avere una motivazione sufficiente,
- il consumatore deve aver l’abilità o la capacità necessaria per completare l’azione desiderata,
- deve essere presenta un trigger per attivare il comportamento.
Questi tre elementi sono fondamentali in quanto il consumatore, se non presente almeno uno di questi elementi, non attraverserà la linea dell’azione e il comportamento desiderato non si manifesterà.
Quindi per mantenere coinvolti i consumatori, i prodotti devono fare fede alle loro promesse e la chiave del successo è ricompensare i consumatori risolvendo un problema, cosa che rinforza la motivazione per l’azione intrapresa nella fase di scelta di acquisto. In tale fase occorre fare in modo che clienti abbiano sempre un senso di autonomia, indispensabile per un coinvolgimento ripetuto nel tempo.
Una volta indotto il primo acquisto, descritto nelle fasi precedenti, occorre favorire il riacquisto nel tempo di quel prodotto. L’azienda ha studiato le sue abitudini e comportamenti e ha realizzato un prodotto pertinente: è necessario uno scambio di informazioni per conoscere meglio la persona e rendere più solida la relazione.
UN’APPLICAZIONE: L’EYE-TRACKING NELLA SHOPPING EXPERIENCE
L’attenzione e la capacità di attrazione possono essere misurate grazie all’eye tracking che ci aiuta per esempio a comprendere perché un packaging risalti sullo scaffale rispetto ad un altro.
La mente cosciente svolge solo una pare del lavoro compiuto dal cervello, parte inconscia del cervello si affida alla memoria mente e corpo agiscono velocemente in situazioni ricorrenti, suggerisce comportamenti abituali nelle situazioni sociale, la mente inconscia può modificare il valore economico che attribuiamo agli oggetto che desideriamo o che possediamo.
Se consideriamo la shopping experience durante la visita di un supermercato, le domande post spesa agli utenti possono non rispondere su ciò che è realmente avvenuto in quei pochi momenti, quali stimolazioni e quali microfattori hanno influenzato le scelte di acquisto e quali emozioni.

Solo monitorando ciascun momento di questo processo di visita, percorso e acquisto con i sensori del neuromarketing e registrandolo accuratamente, sarà possibile capire che cosa sia successo veramente nella mente del consumatore.
L’unico modo per capire che cosa capita a livello percettivo durante l’analisi visiva di uno scaffale di un supermercato è utilizzare l’eyetracking abbinato a un modello di analisi come lo shelf impact, che fornisce indicazioni su dove posizionare il prodotto, quale disposizione e quale materiale di comunicazione indirizzi meglio l’attenzione; così è possibile individuare:
- gli elementi che richiamano maggiore attenzione visiva,
- gli elementi che richiamano per primi l’attenzione visiva,
- i percorsi oculari
Con l’eyetracking si può per esempio dire quanti consumatori tra quelle che visitano una pagina web sono esposti e guardano davvero – con il coinvolgimento attivo del cervello un banner pubblicitario e quanti invece non lo fanno.
Ecco perché gli attributi esterni dei prodotti possono essere estremamente importanti – trigger – nelle preferenze e nelle decisioni di acquisto
(per altre metodologie segnalo in calce un paio di utili video)
CONCLUSIONI
Il contributo del neuromarketing è determinante perché può fornire alla aziende informazioni fondamentali sui comportamenti dei clienti e aiuta i decisori, è uno strumento di ricerca che completa e integra i modelli di ricerca di mercato già diffusi nelle aziende
Come afferma Gallucci, il neuromarketing non è il sacro Graal, bisogna andare al di là del dato e considerare anche i modelli interpretativi che arrivano da discipline diverse:
Un approccio complesso con più discipline, ma volendo semplificare, le analisi e l’output di tali tecniche:
- consentono di indirizzare con notevole precisione il comportamento dei nostri futuri clienti verso le azioni desiderate attraverso un CONTENUTO BEN SCRITTO.
- consentono di progettare al meglio un messaggio che attira più il nostro cliente (c.d. unique selling proposition)
- verifica la correttezza di un’ipotesi, ma non la crea, sarà il marketing ad analizzare e tenere conto dei bisogni inespressi dei propri clienti e delle altre variabili della comunicazione.
Considerando che l’attenzione è una risorsa scarsa e la percezione è limitata da ciò che vediamo o crediamo di vedere, la creazione di abitudini (ovvero quei comportamenti automatici innescati da stimoli situazionali ) è un imperativo per la loro sopravvivenza. Questo TOP OF MIND lo si mantiene tramite strategie di comunicazione efficaci abbinate in alcuni casi a studi di neuromarketing. Pertanto le aziende per mettere in pratica tali strategie collegano i prodotti a trigger esterni ovvero a dei marcatori che sono già presenti nella mente del consumatore e che sono stati preventivamente lasciati dalla pubblicità.
Le aziende virtuose studiano come collegare la progettazione dei prodotti alla routine quotidiana delle persone e alle emozioni dei consumatore agendo in comunicazione o sulle piattaforme digitali.
Sempre partendo dall’attenzione scarsa è fondamentale farsi vedere, ascoltare e leggere. Dobbiamo trovare il modo giusto per attirare l’attenzione sapendo come e perché la mente umana è attirata da alcuni elementi piuttosto che da altri. Tutto sta nel sapere prima quali sono le chiavi dell’attenzione, i trigger giusti da stimolare
“I principali vantaggi sono la possibilità di arrivare a risposte scientifiche laddove le tecniche tradizionali di ricerca di mercato non riescono a giungere, misurando reazioni cognitive ed emozionali profonde del cervello, con la precisione dei dati rilevati e la possibilità di integrare informazioni ottenute da fonti diverse nella logica della tracciatura da sorgente unica, la persona” (Cit. Associazione Italiana Neuromarketing)
Studiare, misurare, analizzare, attraverso le c.d. neurotecnologie, la reazione dei comportamenti nei processi consci e inconsci sarà fondamentale per valutare ad esempio: creatività/advertising, packaging, naming-logo, formati (digitali o fisici), design siti web/app mobile, scaffali a punto vendita, spazi fisici non solo commerciali ma anche esperienziali.
Grazie per la lettura, qui di seguito alcune preziose fonti per chi volesse approfondire
Centri di Ricerca e Agenzie
- Behavior & Brain Lab e relativa pagina Facebook
- Pheel
- MindIn
- Oglivy Change
- Inthera
- Biomarketing
Workshop Festival della Crescita
- Luca Florentino ( Ottosunove ) e organizzatore di Certamente (Italian Neuromarketing Days)
- Fabrizio Bellavista (Emotional Marketing)
- Francesco Gallucci
- Annalisa Galardi (Wingage)
- Francesco Morace
Associazione Italiana Neuromarketing
Mio precedente post su Emozioni ed esperienza. Il ruolo del neuromarketing nel comprendere i comportamenti d’acquisto
Bibliografia:
- Francesco Gallucci: Neuromarketing e Marketing emozionale e neuroscienze
Fonti web:
- Neuromarketing: il ruolo delle emozioni nella scelta di un prodotto. Russo dello Iulm spiega i segreti delle nuove tecniche
- Applicazione in un centro commerciale (video)
- “Dove va lo shopping?”: ce lo dirà anche il neuromarketing